La storia della nitroglicerina
Duecento anni fa, il 12 ottobre del 1812 a Casale Monferrato nasceva un grande chimico italiano. Il suo nome non è riconosciuto come merita, anche se molte strade e scuole ne perpetuano la memoria. Egli viene ricordato come l'inventore di una sostanza allo stesso tempo mortale e in grado di salvare le vite.
Sono peraltro da considerare anche le ripercussioni postume su tutta la ricerca mondiale che un evento come il premio Nobel ha stimolato e perseguito fino ai nostri giorni. Un premio che senza quest’uomo probabilmente non sarebbe mai esistito, e proprio il Nobel per la chimica di quest’anno, a qualche giorno dall’ anniversario della sua nascita, viene conferito a due biochimici per i loro studi sui recettori accoppiati a proteine G, quasi a voler simbolicamente ricordare il medico e chimico, Ascanio Sobrero.
Tratterò,in maniera un po' meno scientifica di come si converrebbe, di una delle scoperte più dirompenti del 1800, in tutte le accezioni possibili di questo termine. Ciò che segue è un adattamento di un post pubblicato in un blog,in inglese.
As the tallow renders, you skim off the layer of glycerin. If you were to add nitric acid, you got nitroglycerin. If you were to add sodium nitrate and a dash of sawdust, you’d have dynamite.
La nitroglicerina è stata sintetizzata per la prima volta da Ascanio Sobrero nel 1847. Egli avvisò quante più persone poté di non riprodurne la sintesi, data la sua estrema instabilità e la conseguente pericolosità. Vedete, la detonazione della nitroglicerina produce una quantità di gas tale da occupare più di 1200 volte il volume originale a condizioni di temperatura e pressione normali . L’onda di pressione risultante dall’espansione dei gas è talmente potente da demolire edifici e uccidere le persone all’istante. Il volto di Sobrero ne testimoniò permanentemente l’estrema pericolosità in seguito all’esplosione di un minuscolo quantitativo della sostanza occorsa durante i suoi studi.
Alfred Nobel che lavorava in quel laboratorio nello stesso periodo, decise di concentrarsi su questo nuovo esplosivo per la sua commercializzazione. Egli sapeva bene che per allestire un prodotto commerciabile si rendeva necessaria una opportuna stabilizzazione, abbastanza da poter essere stoccato e trasportato in sicurezza.
In quel periodo si registrarono diversi incidenti imputabili alla nitroglicerina. Oltre a Sobrero che rimase sfigurato per il resto della sua vita a causa di un’esplosione, anche il fratello di Alfred, Emil, che stava lavorando ad una formulazione più sicura del prodotto, fu coinvolto in una rovinosa esplosione in cui perse la vita insieme a molti altri. Fu proprio questo evento a spingere gli ufficiali competenti di Stoccolma a proibire la produzione della nitroglicerina.
Nel 1866, un carico di nitroglicerina liquida privo di contrassegni venne inviato da San Francisco per essere consegnato ad alcune compagnie edili che lo usavano per liberarsi di ingombranti formazioni rocciose. Una delle casse senza etichetta rimaste a San Francisco però iniziò a perdere liquido, mentre era in carico presso il magazzino dell’ufficio locale della Wells Fargo, proprio nel centro città, quando alcuni operai incuriositi aprirono la cassetta per dare un’imprudente occhiata. L’esplosione che seguì rase al suolo diversi edifici ed uccise all’istante 15 persone.
Nel 1866 inoltre, Nobel fondò la United States Blasting Oil Company per preparare la sostanza in una fabbrica sita presso il fiume Hackensack nel New Jersey. Tre anni dopo, la fabbrica venne distrutta dalle esplosioni e la produzione cessò improvvisamente.
Nel 1867 Nobel comprese come poter stabilizzare la nitroglicerina con una semplice aggiunta di kieselgur (farina fossile) che trasformava la sostanza in un pratico pastone che poteva essere facilmente modellato in cilindri e ricoperto con carta oleata per la conservazione. La confezione risultante era sufficientemente stabile da essere immagazzinata e trasportata senza pericoli al punto che Nobel ottenne rapidamente il brevetto per quel prodotto oggi noto con il nome di dinamite.
Il suo utilizzo più conosciuto è quello nell’ambito delle demolizioni, anche se è stata utilizzata estensivamente come propellente militare tanto che Alfred Nobel era abbastanza preoccupato dallo sfruttamento bellico dell’esplosivo in tempo di guerra. Tuttavia egli continuò a sviluppare la sostanza deflagrante nella tenue speranza di perseguire la pace in un certo equilibrio del terrore, in cui si mutuava la reciproca distruzione garantita dalle rispettive riserve dirompenti. Nel 1891 esordì con la nota citazione ripresa più e più volte in seguito in diverse occasioni:
“Forse le mie fabbriche porranno fine alla guerra prima dei vostri congressi: nel giorno in cui due eserciti potranno annichilirsi l’un l’altro in un secondo, tutte le nazioni civilizzate si ritireranno con orrore e smantelleranno le proprie truppe.”
Yeah, with enough soap, one could blow up just about anything, if one were so inclined.
Quindi, come poteva questa sostanza terribilmente distruttiva essere utilizzata a fin di bene? Bene, tutto iniziò osservando i lavoratori impiegati nella produzione della nitroglicerina, i quali iniziarono a manifestare insoliti cambiamenti psicologici correlati al proprio lavoro. Alcuni di loro (compreso Alfred Nobel) si lamentavano sempre più spesso di mal di testa lancinanti, al punto da far considerare la nitroglicerina al pari di un rimedio omeopatico, tra i tanti, proprio per la cura della cefalea. Grazie all’aspetto riprovevole stigmatizzato nell’omeopatia, molti medici affermati storsero il naso all’idea di utilizzare questo rimedio come trattamento medico. Naturalmente, molti dottori rispettabili di quei tempi prescrivevano ancora il salasso come trattamento medico razionale.
Nel 1879, il Dr. William Murrell scrisse un documento che difendeva l’impiego della nitroglicerina per il trattamento dell’angina pectoris. Egli provò la nitroglicerina su se stesso toccando un tappo di sughero con la lingua, ottenendone un martellante dolore alla testa, nonché un aumento della forza del battito cardiaco e una singolare tachicardia. Dopo aver convinto altre 34 persone a sottoporsi allo stesso trattamento, osservando gli stessi effetti:
“No! It doesn’t hurt at all! Look, 34 other people have done it! Do you mind closing the blinds and turning down the lights!”
Basandosi sulle ricerche del dottor T. Lauder Brunton, egli pensò che la nitroglicerina potesse fornire un trattamento efficace per i casi di angina pectoris.
L’angina pectoris è provocata dalla carenza di ossigeno che diventa insufficiente per l’attività dei muscoli cardiaci che quindi è obbligato a lavorare in modalità anaerobica, quasi come nel caso degli altri muscoli quando sottoposti ad uno sforzo intenso. Così proprio come dopo un affaticamento muscolare, quando ciò accade ai muscoli cardiaci proviamo un forte dolore al torace. Una delle molteplici cause dell’emicrania inoltre è la dilatazione dei vasi sanguigni. Oggi noi sappiamo che la nitroglicerina ha spiccate proprietà vaso/dilatatorie, espande il calibro dei vasi sanguigni provocando cefalee.
L’intera vicenda di come la nitroglicerina provochi la vasodilatazione tuttavia non venne rivelata che negli anni ’80 dello scorso secolo (qui trovate una lunga, benché davvero affascinante, lettura storica inerente le modalità con cui questa scoperta è stata sviluppata, dal 1700 fino al 1998). In un processo lungo e controverso, gli scienziati scoprirono che lanitroglicerina viene convertita in monossido di azoto(anch’esso una sostanza tossica a elevati dosaggi), il quale è una molecola messaggera che provoca la dilatazione dei vasi sanguigni. Quello che emerse fu che l’effetto del monossido agisce aumentando la concentrazione del Guanosin-monofosfato ciclico. Per ricondurre la nostra storia in un’altra serie di eventi circolare, nel 1998 Robert Furchgott, Louis Ignarro e Ferid Murad vennero insigniti con il Premio Nobel per la Medicina per le loro scoperte relative al monossido di azoto come molecola trasmettitore di segnali nel sistema cardiovascolare.
Così la nitroglicerina è in grado sia di provocare dolore e accelerare la morte, che di ritardarla sollevando i pazienti dalle loro sofferenze. Come sempre, è la dose che fa il veleno (o probabilmente, è la proteina che rende tale il veleno).
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